mercoledì 2 marzo 2016

L'assenzio e i poeti maledetti

L'Assenzio

Edgar Degas, "L'Assenzio", 1876

   Circondato da una fama sinistra e da cupe ombre, l'assenzio, coi suoi 70 gradi di alcolicità, è stata la bevanda prediletta da artisti e intellettuali fino al 1915, anno in cui venne bandita in quanto "vera piaga sociale", come affermò Emile Zola. Ne fecero un uso smodato, fra i tanti, Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Baudelaire, Alfred Jarry, Verlaine, Rimbaud, Musset.


   Ammaliante liquore dall'amaro gusto di anice, l'assenzio divenne ben presto uno dei miti di fine '800, e fu definito Le péril vert, il pericolo verde, o anche La fée verte, la fata verde. Nel 1859 Edouard Manet gli consacrò un quadro, Il bevitore d'assenzio, che suscitò scandalo (il soggetto era un clochard) e venne rifiutato dal Salon. Nel 1876 fu invece Degas a dedicargli un suo strepitoso dipinto (immagine a destra). Ma il fascino dell'assenzio si rivelò ben presto diabolico: era infatti micidiale come una vera e propria droga, sebbene ufficialmente fosse un aperitivo dal gusto molto aromatico che dava immediatamente un gradevole senso di stordimento.


   La bevanda cominciò a diffondersi nel 1830 grazie alla "propaganda" dei soldati di ritorno dalla campagna dell'Algeria e conquistò immediatamente quelle generazioni "romantiche" in conflitto con la borghesia, che in essa vedevano un perfetto strumento di provocazione.L'assenzio veniva preparato con un preciso rituale: dopo aver versato un po' di liquido nel

fondo di un calice di forma svasata, si appoggiava sul bordo superiore del bicchiere un cucchiaino forato che sorreggeva una zolletta di zucchero; si lasciava quindi colare lentamente acqua fresca che scioglieva lo zucchero e diluiva il liquore addolcendolo. Alfred Delvau disse: "L'ubriachezza che dà non assomiglia a nessun'altra di quelle conosciute. Non è l'ubriacatura pesante della birra, né quella feroce dell'acquavite e neppure la gioviale ubriachezza del vino... No, l'assenzio vi fa girare la testa alla prima fermata, vale a dire al primo bicchiere, vi salda sulle spalle un paio di ali di grande portata e si parte per un paese senza frontiere e senza orizzonti ma anche senza poesia e senza sole". Gustave Flaubert, nel suo Dizionario dei luoghi comuni lo definisce ironicamente "veleno ultraviolento: un bicchiere e siete morti. I giornalisti lo bevono mentre scrivono i loro articoli. Ha ucciso più francesi degli stessi beduini".

 

.

 




Nessun commento:

Posta un commento